Il Pasquino: ad Avella un monumento e una gelateria artigianale.

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Tra le testimonianze storiche di Avella, sotto il dominio di Roma, indubbiamente, bisogna anche annoverare i  Cippi Onorari, che evidenziano la presenza di illustri personaggi romani, che ricoprirono cariche importanti ed ebbero meriti per opere effettuate o per benefici elargiti.

In piazza Colonna, presso il palazzo Baronale, c‘è ne sono quattro, che, un tempo erano sormontate da statue, che erano le immagini dei sopramenzionati, che, nel corso dei secoli, vennero chiamate “pasquini”.

Attualmente esse sono sparse un po’ da per tutto; qualcuna si dice nel Palazzo Borrelli, due, sicuramente, nel giardino “Livia Colonna”, di cui una adagiata nell’erba e l’altra, all’in piedi, presso un albero di pino ed infine una incastonata in un angolo di Piazza Colonna, vicino al rinomato Bar Gelateria “Il Pasquino”, molto frequentato dove spesso il gestore Carmine Guerriero, con associazioni culturali, organizza, in simbiosi con case editrici, presentazioni di libri.

Insomma il Pasquino, dopo circa 513 anni, rivive e per ricordarci di lui, si deve tornare, all’ anno 1501, allorquando il cardinale Carafa ordinò che venisse collegata, presso il palazzo Braschi, un avanzo di marmo, rinvenuto da uno scavo e risalente alla prima metà ellenica, vale a dire terzo secolo a. C.

Il popolo, subito, gli affibbiò il nome di Pasquino, simbolo allusivo, attribuito ad un anonimo sarto che “tagliava i panni addosso alla gente”, mentre qualcun altro ad  un certo maestruncolo Pasquino o Pasquillo, i cui allievi avrebbero così denominato quel tronco, o ad un oste o ad un barbiere e persino ad un esule senese.

Ma il fatto fondamentale fu che Pasquino divenne il costume satirico rinascimentale e tutte le scritture a lui dedicate, raccolte in opuscoli denominati “pasquilli”, oggigiorno, è fortunato chi le possiede.

“La più gran parte degli epigrammi rivela la volontà di criticare aspetti della politica temporalistica”, secondo uno studioso, mentre più insofferente è l’atteggiamento di Pasquino nei riguardi della rivoluzione francese e di Napoleone. 

Infatti, quando nel 1799, i francesi entrarono in Roma, eressero una grande statua con la iscrizione “Matri magnae”; alla neo repubblica, invece, venne dedicato un piccolo marmo su cui si leggeva “Filia grata”.

E, allora Pasquino non fece altro che dare una versione romanesca delle quattro parole, per cui ne venne fuori “La madre magna e la fija se gratta”.

Pare che il su menzionato avesse, per amica, un’altra statua con la quale dialogava e si chiamava Marforio, effigie di una divinità fluviale, chiamata così perché fu trovata nel foro di Marte (Mars fori) e, quando l’amica, un giorno, preoccupata, per la carestia di olio che affliggeva Roma chiese spiegazioni al nostro satirico, questi rispose “Amico mio, Napoleone l’ha consumato tutto per ungere friggere repubbliche”.

Un’altra chicca di Pasquino fu contro la campagna di Russia, su cui si espresse, in questo modo “Fin dall’etade più remota e fosca/Il ragno sempre avviluppò la mosca/Solo Napoleone, l’eroe magno/ fé che la mosca avviluppasse il ragno”e, sempre sul corso così si profferì, dopo la sua morte, “Fu genio onnipotente,/fece tremare il mondo:/ora è sparito in fondo/all’abisso del niente!/ Ed è morto di male,/è morto tale e quale/come muore un ciociaro,/un papa o un pifferaro”.

I suoi strali furono diretti anche a Napoleone III, quando si proclamò imperatore; lo sbeffeggia, fingendo di paralare con Marforio: – Pasquino, è vero che sei stato a Parigi? – Pasquino: –  Si, sono andato a vedere se per la prossima incoronazione di Napoleone III occorreva il papa – Marforio: – E occorrerà? – Pasquino – No, perché la imperatrice ha dichiarato che la corona sulla testa al marito gliela metterà lei!.

Inoltre, dopo la sciagurata missione in Messico, il commento subito arrivò, con il dire “L’Italia costò tre ducati, il Messico un Napoleone”.

Nel territorio abellano, il ricordo di Pasquino è rimasto solo in piazza, ad Avella, grazie anche all’esercizio, e forse, era sul Cippo Onorario, dedicato a Lucio Egnazio Invento, colui che ripristinò i giochi dei gladiatori nell’anfiteatro,  dopo di che, è calato il silenzio, e, sicuramente, non ritornerà più e l’interesse, nei suoi riguardi, è solo archeologico, con l’augurio del tanto sospirato sviluppo“.

La gelateria “Il Pasquino” è aperta al pubblico dal 2002 e il maestro artigiano Carmine Guerriero è pronto a deliziare i palati più esigenti con gelati artigianali prodotti con nocciole di avella o altri frutti locali di stagione. Il maestro partecipa ogni anno a corsi di perfezionamento tra cui quelli che si svolgono al SIGEP di Rimini (Salone Internazionale Gelateria, Pasticceria, Panificazione Artigianali e Caffè). Di recente ha gareggiato al  “Gelato Festival” proponendo il gusto “Nocciola Di Avella”

(fonte Nicola Montanile, www.mandamentonotizie.it )

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